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Ogni erba che guarda in su ha la sua virtù.
La cucina trentina è da sempre legata alle erbe aromatiche e ai fiori commestibili. Un tempo considerati cibo povero, oggi questi elementi sono al centro di una riscoperta culinaria che valorizza la biodiversità e la sostenibilità del territorio. L’impiego di erbe e fiori non solo arricchisce i sapori, ma rappresenta anche un patrimonio culturale, testimone di antiche tradizioni montane tramandate di generazione in generazione. Il loro utilizzo in cucina si lega inoltre a saperi ancestrali che uniscono l’arte culinaria alla medicina popolare, con infusioni e decotti utilizzati per le loro proprietà benefiche.
Erbe aromatiche: i sapori della montagna
Le erbe aromatiche della cucina trentina offrono un bouquet di profumi tipici dell’ambiente alpino. Il timo serpillo e la maggiorana, raccolti ad alta quota, sono ideali per insaporire patate, arrosti e selvaggina. La salvia sclarea, con il suo caratteristico aroma vinoso, viene impiegata in infusi e dolci tradizionali. Non meno importante è la tradizione di essiccare queste erbe o trasformarle in oleoliti e sali aromatici, una pratica legata all’autoproduzione, oggi sempre più apprezzata per la sua sostenibilità. L’uso di erbe spontanee non si limita alla cucina casalinga, ma trova spazio anche nella cosmesi naturale e nei rimedi fitoterapici, tramandati nei secoli e ancora oggi apprezzati per le loro proprietà.
I fiori commestibili: colore e gusto in cucina
I fiori commestibili, un tempo considerati cibo povero, sono ora diventati ingredienti ricercati nella cucina trentina. I fiori di sambuco, raccolti a maggio, vengono utilizzati per preparare frittelle, sciroppi e liquori, mentre i fiori di tarassaco trovano impiego in marmellate e digestivi. Malva e calendula arricchiscono insalate e zuppe, mentre la viola del pensiero e le primule sono spesso usate per decorare dolci e piatti gourmet. Questa tradizione di recupero, tipica delle zone montane, dimostra come ogni parte della pianta possa essere valorizzata per evitare sprechi e arricchire la cucina con sapori autentici.
Tradizione e creatività della cucina trentina
Secondo una ricerca del Muse – Museo delle Scienze di Trento, oltre 70 specie di fiori spontanei sono commestibili, ma solo una ventina trovano impiego comune in cucina. Questa scelta è spesso dettata da motivi di sicurezza alimentare e gusto. Tra i piatti simbolo di questa tradizione, la minestra d’ortiche e i canederli alle erbe selvatiche si distinguono per la loro capacità di esaltare i sapori locali. Nei ristoranti e agriturismi trentini, la tradizione culinaria si fonde con la creatività. Piatti come ravioli ripieni di ricotta e fiori di zucca, risotto alle erbe spontanee e crostata al miele con fiori di tarassaco sono solo alcuni esempi di come erbe e fiori possano arricchire l’offerta gastronomica. Chef come Alfio Ghezzi hanno elevato l’uso di questi ingredienti, collaborando con piccoli produttori locali per valorizzare la biodiversità del territorio.
Sostenibilità e valorizzazione culturale
Utilizzare erbe spontanee e fiori non è solo una scelta gastronomica, ma anche un gesto di rispetto per l’ambiente. La raccolta consapevole, che segue le regole ecologiche e la stagionalità, contribuisce alla conservazione della biodiversità montana e alla continuità delle tradizioni locali. Progetti come “Erbe del Trentino”, frutto della collaborazione tra Slow Food, Università di Trento e agricoltori, mirano a mappare le varietà autoctone e a promuoverne l’integrazione nei menu dei ristoranti e nelle mense scolastiche.
La cucina trentina, nella sua apparente semplicità, nasconde un universo ricco di sapori delicati, gesti antichi e conoscenze profonde. I fiori e le erbe aromatiche non sono semplici ingredienti, ma testimoni viventi di una cultura che ha imparato a nutrirsi con rispetto e creatività del proprio territorio. Oggi, tra trattorie di montagna e ristoranti stellati, questa tradizione continua a sbocciare, raccontando attraverso ogni piatto storie di passione e autenticità.