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Se non conosci il nome, muore anche la conoscenza delle cose.
Sono quasi cinquant’anni che coltiviamo kiwi in Italia, ma la nostra conoscenza di questo frutto è ancora abbastanza approssimativa. Ne volete la prova? Partiamo dal nome. Sapevate che il nome kiwi ha una storia molto interessante e per certi versi anche incredibile?
Una storia succosa, tanto quanto il frutto
Le prime testimonianze del kiwi risalgono a 700 anni fa e arrivano dalla Cina, precisamente dalla valle del fiume Yangtse. Per molti secoli è stato considerato una leccornia degli imperatori, che ne apprezzavano il gusto delizioso e la polpa color smeraldo. Il nome? Yang Tao, prendetene nota. Facciamo ora un salto all’inizio dell’Ottocento. Un collezionista della Royal Horticultural Society, lo porta in Inghilterra. Nel 1836 viene classificato come actinidia deliciosa o actinidia chinensis, pianta ornamentale. E siamo al secondo nome, quello scientifico.
Andiamo adesso ai primi del Novecento. Una certa Isabel Fraser, dirigente scolastica neozelandese, rientra in patria dopo un viaggio in Cina dove è andata a visitare la sorella missionaria. Porta con sé dei semi di actinidia. Attraverso vari passaggi i semi arrivano nelle mani del vivaista Hayward Wright che coltiva la pianta e produce il frutto che oggi conosciamo tutti. La coltivazione si diffonde nel paese, e alla fine si decide di esportare.
Il nome più usato è uva spina cinese. Il nome però ha un grosso problema: in Nuova Zelanda l’uva spina ha una tassa di esportazione molto elevata. E così il nome venne cambiato in melonette, per la vaga somiglianza con il melone. Ma anche la tassa di esportazione dei meloni viene incrementata. E così arriviamo al 1959, quando finalmente nasce l’idea di utilizzare il nome kiwi che è l’uccello-simbolo della nazione. Nome breve, facile da ricordare, patriottico, non tassato. E così kiwi diventa il nickname dell’actinidia in tutto il mondo.
Una delizia da gustare al momento giusto
Passiamo a un’altra domanda. Sapevate come si fa a riconoscere nel campo quando i kiwi sono maturi? A occhio nudo non è semplice perché la caratteristica buccia pelosa è marrone tanto per il frutto acerbo quanto per quello maturo.
La soluzione è l’utilizzo di un refrattometro, strumento che misura il contenuto di zuccheri. Perché la qualità del frutto e la sua conservabilità siano ottimali, l’indice rifrattrometrico non deve essere inferiore al 7%. E per sapere, a casa, se il frutto è pronto per essere consumato? Il modo migliore di capire se i kiwi sono maturi è quello di affidarsi al tatto: esercitando una leggera pressione, la polpa del frutto deve cedere leggermente e risultare morbida. Solo in questo modo potete assicurarvi di mangiare un kiwi buono e succoso.
Fate attenzione però… La polpa dev’essere sì tenera, ma risultare anche turgida, altrimenti potrebbe essere già iniziata la fermentazione del frutto, che lo rende praticamente immangiabile. Per evitare questo rischio, quello di scegliere dei frutti troppo maturi, controllate la buccia: deve essere liscia e senza pieghe.
La stagione è proprio adesso
L’ultima domanda riguarda il periodo di raccolta. Sapevate che sta iniziando in questi giorni?
Proprio così: noi agricoltori del Consorzio La Trentina, che oltre alle mele coltiviamo kiwi nell’Alto Garda e in Vallagarina, iniziamo a raccogliamo la nostra varietà Hayward (dal nome del vivaista) a fine ottobre e continuiamo per buona parte di novembre, per terminare poco prima dell’arrivo delle gelate. Ecco, adesso i kiwi li conosciamo tutti un po’ meglio. Continuate a seguirci sulla nostra piattaforma myTrentina, e vedrete che le novità non mancano mai!