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Se l’alpinismo si vuol chiamarlo sport, è certo lo sport più nobile di tutti. Non ci sono premi né compensi in denaro; non c’è la folla che applaude; non c’è il giro con il mazzo di fiori, dopo la vittoria.
Li chiamano sassi, quasi fossero due massi erratici dimenticati dal tempo, e non delle imponenti montagne che dominano sia la Val di Fassa che la Val Gardena. E vengono nominati distinti l’uno dall’altro, mentre in realtà fanno parte di un unico gruppo montuoso che prende il nome dalla sua cima più alta, il Sassolungo, e comprende otto cime fra le quali, appunto, il Sassopiatto. Sono montagne iconiche, conosciute in tutto il mondo per la maestosità delle loro immense pareti e per l’aspra bellezza delle loro guglie, che si elevano ardite dai verdissimi pascoli che le circondano. A differenza degli altri gruppi dolomitici, alla base delle loro pareti si vedono pochi ghiaioni e fasce pietrose, cosa che accentua l’impressione che queste montagne siano uscite come per magia dalla terra.
L’origine dei nomi e il fascino di una leggenda
Conosciuto anche come Lang Kofel, il nome deriva dal termine ladino Saslongh, che significa pietra lunga ed è dovuta quasi sicuramente al fatto che osservandolo da nord-est, cioè dal Passo Gardena, sembra avere una forma allungata, ben distinta da quella del Sassopiatto – Sasplat in ladino, Plattkofel in tedesco – che si configura invece come fosse piatto. Una leggenda locale vuole che il massiccio sia il luogo di sepoltura di un gigante punito dai suoi simili per aver derubato gli uomini, dando la colpa agli animali del bosco. I pinnacoli noti come le Cinque Dita sarebbero l’ultima parte visibile del suo corpo. Il gruppo è ben visibile da tutta la Val di Fassa e muta in continuazione la sua forma, in base alla posizione dalla quale lo si osserva. Così dalla zona di Vigo e Pozza ha una sua forma, che diventa caratteristica e tipica se osservato da Campitello di Fassa e ancora diversa se guardato per esempio da Alba di Canazei.
Storie di imprese e curiosi aneddoti
I primi a raggiungerne la cima furono Paul Grohmann, Franz Innerkofler e Peter Salcher, il 13 agosto del 1869. Negli annuari del club alpino austriaco si legge che prima di loro avevano già tentato l’impresa il signor Waitzenbauer di Monaco insieme a Johann Pinggera, nota guida alpina di Solda, più un carpentiere di Marebbe. Ma è quasi certo che abbiano raggiunto una vetta più bassa. In Val Gardena si racconta poi di un uomo di Selva che avrebbe provato più volte a conquistare il Sassolungo intorno al 1850. Per giorni sarebbe rimasto prigioniero del massiccio montuoso, ma poi avrebbe raggiunto la vetta e acceso un fuoco. Ma l’aneddoto più curioso, e che a noi piace moltissimo, si trova in un libro scritto da Franz Moroder nel 1915, nel quale si legge che pochi giorni dopo la scalata di Grohmann anche due giovani pastori raggiunsero la vetta del Sassolungo. Pare che vi fossero saliti scalzi e vestiti di stracci, per vedere da vicino la bandiera che da poco tempo sventolava in cima al monte.
Il mitico giro del Sassolungo
Conosciuto in tutto il mondo per la pista di discesa libera, che ospita ogni anno una gara di Coppa del Mondo di Sci, il Sassolungo è una specie di mecca per gli escursionisti con fiato e gambe. Lungo tutto il perimetro che abbraccia le otto cime del gruppo montuoso si dipana un lungo sentiero circolare che offre panorami tra i più belli delle Dolomiti. Il percorso non è proprio per tutti e dura all’incirca 5-6 ore, ma è ritenuto un vero e proprio “classico” dell’alpinismo trentino e altoatesino, un trekking amatissimo da tutti gli appassionati di montagna.
Allora, vi abbiamo fatto venire voglia di montagna? Se la risposta è sì, non dimenticate di mettere nello zaino qualche mela La Trentina – buona come la sua terra!