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Il fare è il modo migliore di imparare.
Vi chiederete: ma cos’hanno in comune gli incantevoli scenari delle Dolomiti, le palafitte preistoriche di Ledro e Fiavè, la riserva di biosfera Alpi Ledrensi e Giudicaria e l’Adamello Brenta Geopark con gli umili muretti a secco che accompagnano i declivi delle nostre amate valli? Semplice, fanno tutti parte del Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Nel 2018, infatti, il Comitato per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale ha iscritto l’arte dei muretti a secco di Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.
L’arte dei muri a secco nel DNA della storia umana
Ebbene sì, parliamo proprio di arte. Perché costruire muri di sassi, magari su un pendìo scosceso, non è una cosa che si può improvvisare. Dietro c’è tanta esperienza, tecniche e conoscenze tramandate da secoli, diciamo anzi da millenni. E c’è di più! Costruire un muro a secco vuol dire possedere una consapevolezza estetica rispettosa del paesaggio, perché i muri ricamano le colline, i monti e le valli con straordinaria armonia ed equilibrio. Qualcuno potrebbe dire che è un’arte semplice, perché in fondo si tratta di sistemare le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non la terra asciutta. In realtà, perché il muro sia stabile, ci vuole un’attenta selezione e un sapiente posizionamento delle pietre, bisogna saper valutare la tipologia di terreno, le condizioni del suolo, la pendenza, la maggiore o minore presenza d’acqua… Insomma: quale altra parola potrebbe meglio definire questa antichissima e raffinata pratica, se non “arte”? Arte di costruire preziose strutture che rivestono un ruolo fondamentale per prevenire frane, inondazioni e valanghe, consentendo all’uomo di vivere e produrre in rapporto armonioso con il territorio.
Riflessioni davanti a un muro
Davanti a una struttura semplice come un muro di sassi non ci viene spontaneo fare riflessioni profonde. Eppure dovremmo! Da una prima mappatura dell’Università di Padova sembra che in Italia ci siamo qualcosa come 173.000 km di muri a secco… Più di 4 volte la circonferenza della Terra! Se pensiamo poi che per realizzare un metro lineare di muro alto 1,5 metri un artigiano impiega una giornata di lavoro, i muri a secco del nostro paese valgono circa 1 milione di anni di lavoro. E quelli di tutta Europa almeno 5 milioni di anni di fatica, senza considerare manutenzione e ricostruzione. Non è incredibile? È un dato iperbolico, certamente, ma serve a farci prendere coscienza di quanta fatica sia stata spesa per addomesticare il nostro pianeta, renderlo coltivabile e abitabile: ci invita al rispetto e ci chiede di prendercene cura.
Imparando dalle pietre
In quanto regione montuosa, il Trentino è ricco di muri a secco. Se ne trovano ovunque: dalla Val di Cembra alla Vallagarina, dalla Valsugana alla Valle del Sarca, e così via. Un’arte antica, praticata per secoli, che oggi purtroppo è quasi dimentica. Qualcosa però sta cambiando. Grazie anche all’impulso dato dal riconoscimento UNESCO, stanno fiorendo varie iniziative che mirano a preservare questo patrimonio e a rivalutare il fare esperto del costruttore di muri, vero artigiano del paesaggio. L’iniziativa forse più interessante, nata già nel 2013 all’interno dell’Accademia della Montagna, è la Scuola Trentina della Pietra a secco che ha come obiettivo principale la creazione di una specifica figura professionale capace di realizzare o recuperare le strutture murarie del territorio.
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Prossimamente torneremo sul tema, raccontando un altro straordinario patrimonio: l’Adamello Brenta Geopark.