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Se penso al mio ricordo più profumato, non ho dubbi: quello della polenta appena rovesciata sul tagliere, messa nella scodella con il latte freddo. Quel salire di un filo di fumo che deriva dalla cottura a legna, misto all’odore del buon latte, era fantastico.
Come ormai tutti saprete, la polenta di Storo con farina di mais macinata a pietra è uno dei prodotti tradizionali più conosciuti e ricercati del Trentino. Il mais era arrivato in Trentino nel Seicento, proveniente dal Veneto. La sua coltivazione si diffuse molto lentamente, sostituendo poco per volta il frumento, la segale, l’avena e il miglio. Nella Valle del Chiese, situata nel Trentino occidentale, la varietà più coltivata oggi è il Marano, detto anche Nostrano di Storo, particolarmente adatto all’ambiente di montagna.
Come si coltiva
La posizione marginale della Valle del Chiese ha permesso il mantenimento di un’agricoltura tradizionale a ridotto impatto ambientale, agevolando la salvaguardia di questa varietà di mais, molto più ricca dal punto di vista nutrizionale. La spiga è generalmente corta e sottile, la resa è molto bassa (circa 39,5 quintali per ettaro contro gli 89,5 della produzione media italiana di mais). La coltivazione avviene in piccoli appezzamenti di terreno a un’altitudine di 400 metri, nel pieno rispetto dei cicli della natura e senza alcun tipo di forzatura quantitativa. La semina, ancora oggi effettuata a mano, prevede l’impianto di 5-6 piante per metro quadro per garantire buona aerazione, luminosità e ridotta competizione. La raccolta, anch’essa manuale, avviene ai primi di ottobre, quando il tasso di umidità contenuto nella granella è inferiore al 32-33%. Nel giro di 24 ore, la granella viene poi fatta essiccare con aria calda, facendo ulteriormente scendere il tasso di umidità. Infine ci sono lo stoccaggio e la conservazione. Alla fine degli anni Ottanta i produttori della Valle del Chiese decisero di costituirsi in Consorzio per disciplinare e valorizzare il prodotto. E fu grazie a quella decisione se oggi il mais Nostrano di Storo è diventato un grande classico dell’agricoltura trentina!
Particolarità della polenta di Storo
La caratteristica più apprezzata oltre alla bontà, è il colore derivato direttammente dai chicchi che tendono al rosso. È una polenta robusta, molto digeribile, dal sapore corposo e genuino. Un tempo era il pilastro portante dell’alimentazione nella Valle del Chiese e accompagnava ogni pasto. Oggi si sta facendo largo nel variegato mondo dei prodotti tipici locali come una prelibatezza di alto profilo gastronomico.
Come si cucina la polenta di Storo?
La base di partenza è sempre la stessa: per otto persone serve un chilogrammo di farina, quattro litri d’acqua e sale grosso. La preparazione è molto semplice. Si mette a scaldare l’acqua in un paiolo (o in una pentola con il fondo spesso), si aggiungono due cucchiai di sale grosso e quando l’acqua inizia a bollire si versa la farina a pioggia, avendo cura di mescolare velocemente per evitare che si formino grumi. Poi si copre, si riporta a bollore e si lascia cuocere a fuoco dolce per circa 30/40 minuti. A cottura ultimata, si dà un unico energico colpo di mestolo e si versa la polenta fumante su di un tagliere di legno. Ci sono poi due preparazioni molto tipiche: la polenta carbonera, o concia, e la polenta macafana. La prima si prepara mescolando alla polenta formaggio (fresco o stagionato) salsiccia soffritta con del vino rosso. La seconda prevede l’aggiunta di cicoria fresca e formaggio Spressa delle Giudicarie DOP. Due piatti molto gustosi sono anche la polenta delle strie (streghe), abbinata a Spressa delle Giudicarie, erbette, castagne e burro di malga, e la polenta di patate, con farina di Storo mescolata a patate bollite, burro aromatizzato alla cipolla e formaggio.
Cosa ne dite: vogliamo provarle queste delizie?
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Foto:
ApT Campigliodolomiti – Alberto Campanile