Categorie
Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia,
e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
Dopo i freddi e silenziosi mesi del riposo vegetativo, è arrivato il tempo di mettere in atto un’attività importantissima per il ciclo produttivo dei meli. Stiamo parlando della potatura invernale. Il momento giusto per farla dipende dalla stagione, dal clima e dalle temperature. L’importante è che le piante siano ancora nel loro “sonno” e che le gemme non abbiano già iniziato a schiudersi. Qui da noi in Trentino potiamo a febbraio inoltrato, così evitiamo di sottoporre i tagli freschi alla maggior parte delle gelate.
Un significato che fa riflettere
Vi domanderete perché, ogni inverno, i meli debbano essere potati. La risposta è molto semplice: perché l’esperienza agronomica ci insegna che le piante rendono meglio, e di più, se vengono potate regolarmente. Ma cosa vuol dire esattamente potare? Beh, partiamo dal significato della parola… Il potare riferito alle piante non c’entra nulla con il verbo latino potare, che significa bere (e da cui non a caso viene la parola potabile). Deriva invece dal verbo putare, che vuol dire pulire, nettare, tagliare, e dal quale derivano verbi come reputare, computare, amputare e via dicendo. Cosa lega tra loro queste parole? Non è difficile da scoprire: se guardiamo bene i significati ci accorgiamo che dietro tutte queste azioni c’è un pensiero selettivo, quello che ci porta a valutare, calcolare, togliere ecc. Pertanto, essendo che la potatura lascia sul melo le gemme più belle e promettenti, togliendo tutto quello che non serve alla produzione, possiamo ben dire che potare è un’attività con molti punti in comune con il pensiero razionale, il cui scopo appunto è distinguere ciò che è più utile per conseguire un risultato, eliminando ciò che è superfluo o dannoso.
Tutti gli effetti di una buona potatura
Tornando ora con i piedi per terra, o meglio nel meleto, diciamo che la potatura invernale viene fatta per regolare l’equilibrio vegeto-produttivo dell’albero con lo scopo di ottenere produzioni elevate, costanti e di qualità. Serve inoltre a regolare il carico dei frutti, favorire l’intercettazione e la distribuzione della luce all’interno della chioma, evitare l’eccessivo invecchiamento delle formazioni fruttifere, mantenere le dimensioni dell’albero, selezionare i rami migliori, eliminare i rami secchi o danneggiati. A volte si trovano residui dei frutti dell’anno passato, le cosiddette borse, che sono ingrossamenti in cui si erano accumulate sostanze nutritive. Anche queste vanno eliminate.
L’arte di potare
Qui non vogliamo avventurarci nel racconto delle tecniche con cui affrontiamo la potatura, perché potremmo annoiarvi. Ma visto che siamo partiti dalle origini della parola, ci soffermiamo brevemente su alcuni nomi che fanno parte del nostro gergo di potatori. Parole come brindillo, dardo, lamburda, succhione e ramo misto hanno per noi significati molto precisi. Grazie a questi nomi, infatti, possiamo riconoscere i vari tipi di rami su cui lavorare, impugnando una cesoia ben affilata: da quelli più corti e fruttiferi a quelli vigorosi ma completamente improduttivi, il nostro pensiero selettivo guarda, considera, valuta, sceglie e la nostra mano… taglia dove serve.
Mele per tutti, grazie alla potatura
Quando è stato tagliato il primo ramo secco? Sicuramente migliaia di anni fa, e con ogni probabilità la storia della potatura coincide con la storia dell’agricoltura. Diciamo anzi che oggi, senza potatura, una mela sarebbe probabilmente un “frutto proibito” e la maggior parte delle persone non potrebbe godere dei benefici che comporta un’alimentazione ricca di frutta. Oggi quindi, lavorando di cesoia nei meleti, prepariamo la raccolta delle prossime stagioni, che ci auguriamo possa sempre essere #buonacomelasuaterra.