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Non devi per forza cucinare piatti eccessivi o complicati: basta buon cibo da ingredienti freschi.
Gli strangolapreti sono un piatto che affonda le proprie radici nella tradizione culinaria trentina e, più in generale, nell’eredità gastronomica di varie regioni italiane. Sebbene oggi vengano apprezzati principalmente per il loro sapore e la loro semplicità, la storia di questo piatto ci racconta molto anche sulle abitudini alimentari, sulle condizioni sociali e sulla cultura popolare del Trentino di una volta.
Origini e significato del nome
Il nome strangolapreti è avvolto da un’aura di leggenda e ironia. Esistono diverse teorie sulla sua origine, ma tutte sembrano legate alla figura dei religiosi e all’abbondanza con cui da sempre veniva consumato questo piatto. Secondo una leggenda del ‘700, un prete molto affamato stava vagando per la campagna, fino a quando non trovò una locanda lungo la via. La padrona gli preparò un abbondante piatto di gnocchi con erbe selvatiche ma, una volta finiti, il prete ne chiese ancora e poi ancora. A un certo punto stava per strozzarsi, ma la pronta ostessa riuscì a salvargli la vita con un pugno ben assestato sulla schiena, che gli fece sputare il boccone di troppo. Una versione più “storica” sostiene che durante in Concilio di Trento (1545-1563) gli strangolapreti fossero un piatto servito ai vescovi e ai cardinali, i quali pare ne fossero particolarmente ghiotti.
Un piatto della cucina povera
Gli strangolapreti nascono come piatto di recupero, una caratteristica comune a molte ricette tradizionali delle zone montane. Gli ingredienti principali – pane raffermo, spinaci o erbette di campo, uova e formaggio – erano facilmente reperibili anche nelle case più umili e permettevano di ottenere un pasto sostanzioso e nutriente senza sprecare nulla. Questa capacità di trasformare ingredienti semplici in un piatto gustoso riflette l’ingegno e la creatività delle comunità rurali trentine, che dovevano fare i conti con inverni rigidi e risorse limitate. In passato, si utilizzava una quantità maggiore di pane rispetto agli spinaci, ma nel tempo la ricetta si è evoluta. Grazie alla ricchezza delle piante ed erbe del Trentino, la preparazione può includere diverse verdure a foglia verde, come ortiche, portulache, biete o tarassaco, rendendo il piatto realizzabile in diverse stagioni. Gli aromi, come dragoncello, maggiorana e origano, possono arricchire ulteriormente il sapore dell’impasto. Gli strangolapreti vengono conditi con burro e salvia, ma si possono aggiungere anche speck o pancetta. Ogni famiglia e ristorante conserva i propri segreti e varianti, rendendo la ricetta personale e unica.
La diffusione, le varianti e le occasioni di consum
Anche se gli strangolapreti sono considerati un simbolo della cucina trentina, esistono piatti simili in altre regioni italiane e in alcune zone dell’Europa centrale. In Lombardia, ad esempio, si trovano gli gnocchi verdi, preparati con una base simile. In Austria e Germania, piatti a base di pane raffermo e spinaci richiamano l’influenza della cucina alpina e mitteleuropea. Ai nostri giorni gli strangolapreti vengono consumati in ogni momento dell’anno. In passato erano invede associati alle festività religiose o alle celebrazioni familiari. In particolare, venivano serviti in occasione della Quaresima e di altre ricorrenze legate ai cicli agricoli e liturgici. La loro composizione priva di carne li rendeva adatti ai periodi di digiuno imposti dalla Chiesa, mentre la loro preparazione semplice ne favoriva il consumo anche nelle famiglie meno abbienti.
Dalla tradizione alla tavola moderna
Oggi gli strangolapreti hanno superato i confini delle cucine contadine per entrare nei menù dei ristoranti e nelle sagre dedicate ai prodotti tipici del Trentino. Nonostante le rivisitazioni moderne, il loro fascino risiede ancora nella loro capacità di raccontare una storia di semplicità, ingegno e legame con il territorio. La prossima volta che vi capiterà di assaggiarli, ricordatevi che ogni boccone racchiude secoli di storia e di cultura popolare trentina.